Presa di Potere

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    "o marte o morte" [cit.]
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    Bryn scrutava le carte e i documenti ottenuti dai suoi nuovi amici, tutte le bolle di consegna e pagamento per i lavori compiuti dal Fabbro, gli insolventi, i pagamenti, il libro paga era pieno di informazioni.

    Bene, gioiellieri, nobili, ah ecco, il magistrato locale mmhh..interessante, il capo delle guardie viene regolarmente a far sistemare la sua spada preferita..e qui che abbiamo? Lord Emerald ha fatto sistemare uno stiletto, questo è interessante...
    Bryn ripassava a bassa voce tutte le informazioni acquisite.
    L'escalation dei mesi avvenire avrebbe generato il panico, e dal caos sarebbero emersi come salvatori della città, avrebbero creato ordine, basato sul potere e il terrore, dove l'unica via di fuga era riposta in un tacito consenso e nel suono delle monete. Erano ancora agli albori, ma la gilda avrebbe presto conquistato tanto potere da dover essere temuta anche dai Sovrani di tutte le Terre del Mondo Emerso.

    Qualche ora prima...

    Brynhildr rimase per un attimo a fissare il buio fuori dalla finestra, poi si rivolse ai suoi nuovi compagni
    Signori, prima di tutto voglio che vi liberiate del corpo del Fabbro, ormai è qui da un giorno e inizia a puzzare, una volta fatto questo io penserò al resto, informate le vostre fonti che a partire da domani notte voglio che in città si commettano solo piccoli furti, aggressioni di poco conto, usate solo persone di cui si può fare a meno, una decina di ladruncoli al massimo, lasciategli tenere la refurtiva...e niente cadaveri.
    Prese da un cassetto una scarsella con cento monete.
    Dieci monete a testa per chi farà il suo dovere
    Disse per poi lanciare il sacchetto ai piedi di uno dei due.
    Poggiò la schiena contro la sedia per poi accavallare le gambe e incrociare le dita all'altezza del mento, con uno sguardo gelido e vagamente sadico guardò i suoi due "soci".
    Da qui a tre mesi avremo il pieno controllo del mercato di Salazar, fra sei mesi arriveremo a controllare anche la nobiltà.
    Un mezzo sorriso si delineò su suo volto
    Tutti hanno uno scheletro nell'armadio, e se non c'è...ce lo mettiamo noi. Io devo definire alcuni dettagli del piano. Adesso Andate Via! Tornate fra un paio d'ore.
    Tuonò con voce grossa
    Bene e adesso a lavoro...
     
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    valence_zpszzio0k4x

    Narrato - "Parlato" - Pensato - "Parlato altrui"

    Sulla cinta muraria che sorgeva subito al di fuori della Residenza Reale dei Sovrani della Terra del Vento, al chiarore di uno spicchio di luna e di alcune torce che spandevano una luce aranciata sulle pietre che formavano i merli, si muoveva una figura solitaria, camminando in modo lento e provocando uno sbatacchiare di piastre metalliche.
    La figura percorse il camminamento delle mura che separavano il cortile interno del castello reale dall'esterno, dove si vedevano ammassati, nello spiazzo davanti le grate abbassate che fungevano da portone d'ingresso, botteghini e banchi di legno che creavano un secondo piccolo mercato, nella parte nuova di Salazar. Era sera, e tutti i contadini e gli artigiani erano già da tempo ritornati alle loro abitazioni; il ragazzo continuò a passo svelto, raggiungendo la scala che l'avrebbe portato alla guardiola, dove qualche uomo annoiato aspettava di passare la nottata, e imboccandola, arrivando nella piccola stanza.
    L'uomo quella sera era un ragazzo biondiccio più vicino ai trenta che ai venti, con una fronte alta e l'accenno di una chierica sulla cima della testa - ma non era solo. Lykon Gjallarhorn, il principe ed erede di Re Hati, nonché capo della Guardia Cittadina di Salazar, era appoggiato alla parete di pietra, accanto la porta d'uscita.
    Valence accennò un inchino militare e formale, a cui Lykon rispose ridacchiando. "Hai finito il turno, Arthund?" chiese, rivolto al ragazzo dalla faccia sfregiata, che annuì e accennò appena a un sorriso, abbassando subito dopo gli occhi. Il principe continuò: "Su, Sige, datti da fare - sali sul camminamento, così il signor Tepney può tornare alla sua casa nascosta nei meandri della cadente torre di Salazar!"
    Il suddetto Sige si alzò, prese una picca e si diresse verso le mura; Valence si spostò per farlo passare.
    "Com'è andata la giornata, Arthund?"
    Il ragazzo si avvicinò al principe, lasciandosi cadere sulla sedia - già riscaldata dalle chiappe della guardia che aveva appena preso il suo posto - e sbuffò, versando subito dopo due bicchieri di un vino così acido da esser paragonabile ad aceto slavato; ne offrì uno al superiore, che accettò più per cameratismo che per il sapore del liquido.
    "Normale, Signore. Non vedo l'ora di tornare nella mia camera mal tenuta nascosta nei corridoi di quella torre caduta e infestata da topi e bastardi di ogni genere"
    Risero entrambi, sommessamente; il principe era un tipo che rideva spesso, quando era con la sua guardia cittadina, ma mai in modo sguaiato o poco elegante. A volte sembrava quasi che si sforzasse o che lo facesse solo per recitare una parte - quella del comandante amico dei suoi uomini, che otteneva la fedeltà degli stessi facendoseli amici.
    Rimasero a parlare per qualche altro minuto, poi Valence - o meglio, Arthund - prese un mantello e, salutando il superiore, uscì dal perimetro delle mura, dirigendosi verso la città vecchia; dopo un centinaio di metri si infilò in un vicolo e, quindi, si arrampicò su un muro, raggiungendo una finestra sgangherata che si aprì senza rumore nel momento in cui ne toccò le assi di legno che la coprivano, in realtà fissate a un cardine nascosto.
    Il ragazzo entrò nella stanza, si cambiò, indossò la sua elaborata maschera e uscì nuovamente, dirigendosi - silenzioso, veloce e invisibile - verso la bottega di un fabbro poco conosciuto, ma molto importante.


    Bussò, come d'accordo, con cinque colpi - i primi due veloci e gli ultimi tre più lenti e forti - annunciando la sua entrata in scena.
    Brynhildr era seduta su una sedia, al tavolo della contabilità di quello che, finché era stato vivo, era stato il suo padre adottivo; Valence entrò e piegò appena la testa in segno di rispetto, aspettando che lei parlasse.

     
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