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Istvan DiVega
Narrato. "Pensato." - Parlato. -
Istvan restò ben comodo sulla sedia, fissando il soffitto e ponderando su cosa ordinare: il pensiero della figura incappucciata già era scomparso di fronte all'imponenza dell'appetito.
Riportò gli occhi sui tavoli soltanto quando sentì dei passi fin troppo vicini: era una ragazza, probabilmente più giovane di lui, attraente seppur poco curata e visibilmente fiaccata dal lavoro, che serviva un boccale alla persona misteriosa.
Sorrise alla giovane locandiera e stava per aprire bocca e chiedere la propria ordinazione, quando lei però si volse per tornare verso il pentolone sul fuoco.
Per cui la osservò, nella speranza che si riavvicinasse per ordinare; e sembrava proprio che stesse tornando nella sua direzione, quando uno zotico omaccione le piantò una mano sul didietro, facendole rovesciare il contenuto della ciotola che aveva in mano.
Istintivamente si alzò: per un secondo la sua attenzione fu catturata dalla figura incappucciata che era, a sua volta, scattata in piedi come una molla; ma non se ne curò, visto che nella sala si era sparsa l'agitazione.
Nel frattempo la piccola vivandiera era corsa via in lacrime e la ritrovò giusto in tempo per vedere il padrone del locale, forse suo padre, piazzarle uno schiaffone in pieno viso per poi intimare di stare tranquillA la figura accanto a sé: una donna dunque, ma anche questo pensiero scivolò via, come quel cappuccio scuro che, lentamente, si risedette al proprio posto.
Istvan, invece, scattò in avanti, con una sola falcata evitò di pestare la zuppa versata sul pavimento, riversò uno sguardo colmo di disprezzo all'omone molestatore e con altri pochi, lunghi e sicuri passi arrivò di fronte al locandiere e alla ragazza in lacrime.
Si pose le mani sui fianchi, gonfiò il petto e lo guardò fieramente negli occhi, nonostante quello fosse più alto, più grosso e più anziano di lui: non voleva mancare di rispetto a nessuno, ma tali gesti non potevano di certo restare invendicati.
Per cui parlò con calma e sicurezza:
- Scusate, buon locandiere, ci tengo a chiarire la situazione: questa giovane è stata molestata da quell'uomo laggiù... -
Allontanò per qualche istante il braccio dal corpo, indicando con sicurezza il grosso uomo che aveva infastidito bruscamente la ragazza, per poi riprendere:
- Quindi essa non è veramente meritevole di tale punizione: non ha abbandonato impunemente il proprio posto di lavoro, si è semplicemente, a buon motivo, sdegnata per essere stata pubblicamente violentata! -
Concluse il breve discorso sorridendo.
Edited by .:|ArYa|:. - 22/8/2014, 18:15. -
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SPOILER (clicca per visualizzare)Ovviamente, non è detto che questo "qualcuno" debba esser Istvan: ti lascio la più completa libertà. -
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Istvan DiVega
Narrato. "Pensato." - Parlato. -
Istvan non fece in tempo ad udire la risposta del locandiere, ma vide chiaramente il suo volto divenire rosso, prima di sentire una salda presa su una spalla che lo invitava a voltarsi violentemente.
Tutto ciò, però, non lo prese alla sprovvista perché aveva udito chiaramente il grugnito dell'omone che aveva indicato, la panca cadere, il suonatore uggiolare (e smettere di suonare, le sue orecchie in qualche modo lo ringraziavano) e i pesanti passi avvicinarsi alle sue spalle.
Così, quando udì la presa, aveva già la mano sull'elsa del pugnale, che sguainò dalla cintola con forza, andando a colpire con il pomolo il naso del grosso uomo dal basso, mentre compiva una torsione con il busto per schivare il pugno che probabilmente era già partito o sarebbe partito dalla sua mano libera.
Non aveva modo, e non trovò saggio, guardarsi attorno, ma udì un gran confusione e ciò che notò distintamente fu una figura incappucciata (che aveva osservato fin troppo bene fino a poco prima per confonderla con un'altra) avvicinarsi e trascinare via la figlia del locandiere.
"Un rapimento?" pensò, ma poi si diede dello stupido: era solo una giovane vivandiera e quella donna incappucciata era solo una che giocava ai misteri.
Un istante di distrazione e il peso di quel grosso uomo gli fu addosso, facendolo rovinare all'indietro, finendo sul locandiere ancora presumibilmente paonazzo: immediatamente percepì una sensazione di viscosità in volto, ma non sentì alcun dolore, quindi colse il momento di confusione per divincolarsi dai corpi, facendosi di lato.
Poté, così, appurare che il sangue che aveva sul mento e sul collo era fuoriuscito dal naso colpito dell'omaccione che adesso si stava rialzando dal corpo del "povero" locandiere che, nel frattempo, pareva aver colpito sodamente il capo contro i gradini di legno.
Provò contemporaneamente senso di colpa per quanto accaduto e soddisfazione, ma dovette abbandonare ogni tipo di sentimento per scansarsi dall'avanzata di quel grosso farabutto infuriato, ferito e, per questo, ancora più goffo.
Ebbe il tempo di guardarsi intorno, notando che gran parte della gente era semplicemente fuoriuscita di corsa dall'ingresso del locale, mentre la restante parte era costituita da nerboruti uomini ubriachi che palesemente non vedevano l'ora di poter alzar le mani.
"Bifolchi", non poté fare a meno di pensare.
Non avrebbe di certo sguainato la spada per loro e il pugnale che ancora stringeva in mano, con il pomolo insanguinato, era bastato, senza neanche usare la lama, a divincolarsi dal paonazzo locandiere e a mandare in un insensato berserk il molestatore.
- Fatevi fuori fra di voi, se pensate che questa sia una nobile causa per farlo! - esclamò, benché probabilmente nessuno nell'immane confusione avrebbe potuto ascoltarlo.
Tuttavia, il grosso idiota era ancora davanti a lui, ansimante, sporco di sangue e bramoso di prenderlo a cazzotti.
Edited by .:|ArYa|:. - 23/8/2014, 13:22. -
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E il grosso idiota non tardò a caricarlo: lo vide sbuffare come un toro e slanciarsigli addosso.
Fortunatamente era fin troppo grosso, infuriato e ubriaco da essere lento e goffo, e riuscì a schivarlo con facilità, altrimenti avrebbe potuto anche rompergli qualche osso.
Non appena gli fu a fianco, lo colpì con forza e precisione sulla nuca con lo stesso pomolo di prima e, dopo aver trovato una via di fuga più o meno sgombra da cazzotti volanti, la intraprese senza altri indugi: doveva essere la porta che dava sul retro e, quando sbucò in una stradina, se ne convinse, visto il grande tanfo di spazzatura.
Si guardò attorno e restò basito quando vide la ragazzina di prima ancora piangente e, se possibile, più tremante, paralizzata dal terrore che le si leggeva negli occhi su un muretto, e due figure in piena lotta.
"Che quei bifolchi siano arrivati fin qui per darsele?"
Ma un istante dopo uno dei due litiganti prese il sopravvento sull'altro, correndo verso l'angolo della strada, e non poté non riconoscere il suo mantello.
"La donna incappucciata che sedeva vicino a me..."
In effetti, poteva essere scambiata per un uomo visto la mole imponente per una donna.
D'altro canto, però, era sempre una donna e andava difesa, insieme alla locandiera, dall'ennesimo ubriacone.
Scattò in avanti, con l'intenzione di frapporsi fra l'uomo e le due ragazze.. -
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Istvan riuscì solo a vedere i coltelli nella mano dell'aggressore e a pensare "quello non è un ubriacone", prima che le lame affilate piovessero su di lui.
Non provò neppure a schivare perché erano troppi, istintivamente, semplicemente, si portò le braccia al viso, per proteggerlo da eventuali colpi, stringendo i pugni.
Qualcosa lo aveva colpito al busto, sentiva già il sangue colore sotto gli strati di vestiti, ma l'adrenalina gli impediva di sentire dolore.
Probabilmente anche perché il gambeson che indossava aveva ridotto di molto l'impatto.
"E' solo qualche graffio" si disse, per rincuorarsi.
Quando spostò le braccia, l'uomo di fronte a lui non c'era più e la donna incappucciata aveva estratto delle armi da braccia che avevano tutta l'aria di essere letali.
In quel momento realizzò che, probabilmente, non era una viandante che cercava di crearsi un'aura di mistero.
Era finito, inavvertitamente, in qualcosa di grosso.
Abbassò lo sguardo su di sé e trovò conficcati nel gambeson ben tre coltelli.
La vista per un attimo lo rese sgomento, ma l'addestramento prese il sopravvento e, uno ad uno, digrignando un po' i denti, li sfilò dalla (grazie al cielo) spessa imbottitura, infilandoseli nella cintura.
Si tastò il petto: a parte il sangue che sentiva sgorgare ancora, non credeva di aver subito gravi danni, ma di sicuro in quelle condizioni rischiava di perdere troppo sangue.
Voltò il capo verso la piccola locandiera atterrita e si morse il labbro: di certo non poteva rischiare che venisse ferita in quella follia.
Le corse incontro, per come poteva, la afferrò, tuttavia con delicatezza, dal polso e provò a trascinarla via da lì, dicendole, per rassicurarla:
- Questo posto è diventato troppo pericoloso per una giovane come voi. Vi porto via da qui, non vi accadrà nulla di male perché io vi proteggerò. -
Pronunciò quelle parole con sicurezza, perché sentiva che era quella la cosa giusta da fare, tuttavia, dove l'avrebbe portata?
In strada due folli assassini si affrontavano come in un libro d'avventure e dentro la locanda imperversava la rissa.
"Dovrei riportarla a quel violento padre?"
Edited by .:|ArYa|:. - 23/8/2014, 17:24. -
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Istvan DiVega
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La ragazzina si era lasciata trascinare proprio nel momento in cui tra i due litiganti iniziava a sgorgare copioso il sangue; istintivamente la sospinse più velocemente dentro al vicolo più vicino, come per non mostrarle ciò che stava accadendo.
"Bastano i guerrieri e folli come questi a dover saggiare il sangue..."
Mentre si allontanavano riuscì a percepire la voce, poderosa, della donna che ringhiava all'Assassino (era ormai certo della sua identità, non era così sprovveduto) "dove si trova Neor?": si accigliò, stringendo leggermente il polso della ragazza, come a volerla proteggere da quel martirio.
Poi i rumori cessarono e Istvan si rese conto che non sapeva dove stava portando la giovane: non poteva trascinarsela dietro per sempre, tantomeno a casa sua.
Per un istante immaginò i propri genitori che non rivedeva da anni mentre lo squadravano con disgusto pensando a chissà cosa potesse esserci stato tra loro due.
Scosse il capo e si fermò.
In un modo o nell'altro, doveva riconsegnarla alla sua famiglia. A quel violento padre.
Prese un profondo respiro e si voltò verso la ragazza, cercando di distendere il proprio volto e di apparire sereno:
- Voi volete tornare da vostro padre? -
Edited by .:|ArYa|:. - 23/8/2014, 17:24. -
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Istvan DiVega
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Istvan sentì dei passi, seppur silenziosi, alle sue spalle, aiutato dal silenzio che era calato improvvisamente e dalla tranquillità della notte che stava arrivando.
Si voltò, portando istintivamente il proprio corpo più in avanti rispetto a quello della ragazzina, per cercare di proteggerla da chiunque si stesse avvicinando.
E nel vedere chi era, i suoi sospetti presero forma: la donna incappucciata.
Vide lo stato in cui era ridotta, il suo ghigno e, finalmente, le sue fattezze: lui sapeva cos'era.
"Una mezzo-fammin..."
L'avevano addestrato a riconoscere e a combattere contro qualsiasi razza, ma a giudicare dal combattimento di poco prima, quella non era una mezzo-fammin qualunque.
Non fece in tempo a mettersi in guardia con il proprio pugnale, che la donna si voltò e si mise a correre.
Non era intenzionata ad avere altre noie, per quel giorno, evidentemente.
La cosa lo rilassò e, al contempo, lo insospettì ancora di più: "una mezzo-fammin ben addestrata...".
Strinse la mano della ragazzina nuovamente, come per calmarla da quel nuovo spavento che le aveva mozzato la risposta alla sua domanda in gola.
Non poteva inseguire la donna incappucciata per le ferite e per la "giovane zavorra" che si stava trascinando dietro e, comunque, probabilmente non aveva senso farlo: si sarebbe solo cacciato in guai più grossi di lui.
Che, tuttavia, lo allettavano molto di più, rispetto alla noia che lo aspettava a casa.
Scosse la testa.
"Mai lasciare che la poca saggezza possa guidare le azioni."
Chiuse e riaprì gli occhi un paio di volte, mentre una piccola e flebile sillaba giungeva dalle labbra della locandiera.
Era un "sì".
Si voltò verso di lei, stavolta neanche provando a mostrarsi sereno, guardandola con un'espressione tra il severo e lo sgomento: davvero voleva tornare da quel padre violento? A quella vita fatta di molestie e di stenti?
Ma vedere l'espressione di terrore nei suoi occhi gli ricordò chi aveva davanti: una piccola donna del popolo, che voleva solo vivere la sua vita il più semplicemente possibile.
Cos'altro poteva aspettarsi?
Annuì, provando a sorriderle. E le lasciò andare il polso.
- Andiamo, ormai tutti coloro che avevano voglia di spargere del sangue oggi dovrebbero essere lontani. -
Per sicurezza, però, fece il giro lungo, tornando sull'entrata principale: non poteva permettere che vedesse il corpo morto di quell'Assassino.
Edited by .:|ArYa|:. - 23/8/2014, 17:25. -
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