ALIMENTAZIONE & ABITUDINI

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    1. Ricchi e Poveri
    2. Il Cibo quotidiano2. Bevande


    Ricchi e Poveri

    Le difficoltà di trasporto e i problemi per la conservazione dei cibi facevano sì che ogni zona consumasse prima di tutto i prodotti locali, ad esempio: in alcune zone, visto il buon clima, sono molto diffusi olio d'oliva e vino, dove fa più freddo, invece, burro o strutto e birra, oppure la prevalenza dei cereali o grano per fare il pane a seconda della zona.
    Naturalmente il menù cambiava molto a seconda del livello sociale della popolazione.

    La nobiltà seguiva un'alimentazione molto ricca e pesante. Leggendo i menù di certi banchetti solenni si vede passare una quantità enorme di carne, di selvaggina specialmente - la carne nobile per eccellenza - e il tutto condito di salse ricche di spezie, con accompagnamento di frutti canditi, di dolci speziati, senza mai il respiro di un piatto leggero.

    E la pesantezza di quel mangiare è come accresciuta per noi dal fatto che adoperavano fette grandi di pane sulle quali appoggiavano la carne con la salsa e lì la mangiavano… La fetta di pane, o la parte che ne rimaneva, veniva gettata in un recipiente al centro della tavola: elemosina per i poveri. Se c’era tovaglia, vi si pulivano le dita, sicché si doveva cambiarla più volte durante il pranzo, nonostante che si adoperasse anche l’acqua per risciacquare bocca e mani.

    Naturalmente la gente qualunque mangiava più semplicemente. Per il popolo l’alimento base della dieta erano i cereali e i legumi. Le classi più povere, soprattutto i contadini, consumavano un pane di farina mescolata con orzo, segala, saggina e fave, mentre i cittadini facevano uso del pane di grano, che potevano anche importare. Con il pane si facevano una quantità di minestre e di altre preparazioni. Scarso poteva essere l’olio e i condimenti erano prevalentemente a base di grassi di origine animale. Rarissimi i dolci (fatti con noci, miele e altra frutta secca). Per le feste più importanti si arrostivano anche il montone, la capra e uccelli varie come galline o oche. Ben conosciuta era anche l’arte di conservare le carni e i pesci affumicandole ed insaccandole, salate e triturate, destinate principalmente al consumo invernale. Si faceva anche consumo di formaggi, fra i quali molto usato era il pecorino.

    Salvo il piccolo gruppo di perditempo che faceva il giro delle taverne e lì giocava a dadi la gente si preparava a dormire al calare della sera. La gente onesta non girava di notte. Le porte delle mura cittadine venivano chiuse. Chi veniva trovato in giro dopo il tramonto era spesso ritenuto un tipo sospetto.

    Quindi, calato il sole, la gente nelle case gettava gli abiti su un bastone orizzontale appeso al muro o si chiudevano in grandi casse di legno, per proteggerli dagli animali di casa, cani o topi che fossero. Salvo la camicia. La camicia si levava a letto, perché si dormiva nudi e il mattino si doveva subito infilarla; tuttavia le donne (e talvolta anche gli uomini) dormivano anche in camicia, soprattutto nel periodo invernale, non esistendo i pigiami (da precisare è che gli indumenti intimi maschili consistevano in una camicia e in un paio di mutandoni chiamate braghe, quelli femminili, invece, unicamente in una camicia a maniche lunghe e lunga fino ai piedi; il tutto era solitamente realizzato in lino chiaro).





    Cereali e derivati

    Oltre al grano, utilizzato soprattutto dagli abitanti delle città e dai più abbienti, venivano usati cereali minori come segale, spelta, orzo, grano saraceno, miglio, avena e sorgo. Il frumento veniva prodotto e utilizzato solo in alcune zone. La farina bianca e finemente raffinata comune al giorno d'oggi era riservata alla produzione del pane delle classi superiori. Scendendo dalla scala sociale il pane diventava più grezzo e scuro, e il suo contenuto di crusca aumentava.
    Quando il grano scarseggiava o c'era una vera e propria carestia, i cereali potevano essere sostituiti con alimenti più economici e meno pregiati come castagne, legumi secchi, ghiande, semi di felce e un'ampia varietà di vegetali più o meno commestibili.

    Una delle portate più comuni, sia che si trattasse di un banchetto che di un semplice spuntino, erano gallette o crostini, pezzi di pane secco che potevano essere fatti rinvenire inzuppandoli in un liquido come il vino, il brodo, una zuppa o una salsa e quindi mangiati. Sulle tavole si poteva vedere altrettanto frequentemente la pappa di frumento, una farinata molto densa spesso preparata con brodo di carne e insaporita con spezie. Le farinate venivano preparate con ogni tipo di cereale e potevano essere servite anche come dessert o come pietanza per i malati se preparate con latte o latte di mandorla e addolcite con lo zucchero. Erano comuni torte salate farcite con carne, uova, verdure o frutta, così come pastine, frittelle, ciambelle e altri dolcetti simili. I cereali, sia sotto forma di briciole di pane che di farina, erano usati anche come addensanti per zuppe e stufati, sia da soli che insieme al latte di mandorle.

    L'importanza assunta dal pane come alimento quotidiano implicò che i fornai ricoprissero un ruolo cruciale in tutte le comunità. Le stime del consumo pro capite nelle varie regioni sono piuttosto simili: circa 1-1,5 kg di pane a persona ogni giorno. Quella dei fornai fu una delle prime gilde ad essere organizzate nelle città e furono emanati leggi e regolamenti per mantenere stabile il prezzo del pane.



    Verdure e ortaggi

    Verdure come cavoli, barbabietole, cipolle, agli e carote erano anch'esse cibi molto comuni. Molti di questi ortaggi venivano consumati quotidianamente da contadini e lavoratori manuali, pertanto erano considerati alimenti meno prestigiosi della carne.
    Anche legumi come ceci, fave e piselli erano di consumo comune e rappresentavano un'importante fonte di proteine, soprattutto per le classi inferiori.

    Fatta eccezione per i piselli, i legumi spesso erano visti con sospetto dai dietisti, che li sconsigliavano agli appartenenti alle classi superiori, in parte per la loro tendenza a provocare flatulenze.



    Frutta e dolci

    La frutta veniva servita in vari modi: fresca, essiccata o conservata. Dato che sia lo zucchero che il miele erano alimenti costosi, si usava aggiungere la frutta a molte pietanze per addolcirle in qualche modo. Nelle zone calde si consumavano prevalentemente limoni, cedri, arance amare, melograni, mele cotogne e, naturalmente, uva.
    Nei climi più freddi invece erano più diffuse mele, pere, prugne e fragole. Fichi e datteri venivano mangiati ovunque, ma nelle zone fredde restavano comunque prodotti d'importazione.

    Il dessert consisteva in caramelle o piccoli confetti serviti con vino caldo speziato e pezzi di formaggio stagionato, oppure frutta fresca ricoperta di zucchero, miele o sciroppi con dolcetti a base di frutta cotta.

    Esisteva inoltre un'ampia varietà di frittelle, crêpes zuccherate, budini, tortine e paste di sfoglia che talvolta potevano contenere della frutta. Era molto diffuso il marzapane, e anche le aromatizzazioni fatte con petali di fiori come rose, violette e sambuco.

    Nelle zone fredde si consumava un vasto assortimento di cialde e wafer, mangiati con formaggio e vino dolce speziato. L'onnipresente zenzero candito, il coriandolo, l'anice e altre spezie venivano definite spezie da salotto e venivano consumate come digestivi alla fine del pasto per "chiudere lo stomaco".



    Latte e derivati

    Il latte e i suoi derivati erano un'importante fonte di proteine animali per coloro che non potevano permettersi la carne. Generalmente si consumava quello di pecora o di capra, ma era diffuso anche il latte di vacca. Il semplice latte fresco era considerato un alimento per bambini e anziani. I poveri talvolta bevevano latticello o siero di latte oppure latte inacidito o annacquato. Nelle aree più calde il latte fresco era un alimento meno diffuso rispetto ai prodotti caseari a causa della mancanza di tecnologie adatte alla sua conservazione. Talvolta in cucina le classi superiori si servivano del latte aggiungendolo agli stufati, ma sempre a causa delle difficoltà di conservazione veniva più spesso usato al suo posto il latte di mandorla.

    Il formaggio era un alimento di gran lunga più importante, c'erano anche latticini fatti con il siero, come la ricotta, ottenuti con i sottoprodotti della lavorazione di formaggi più duri e stagionati. Un altro importante prodotto era il burro che fu il principale grasso di cottura nelle zone fredde, mentre in altre regioni si usavano altri grassi come l'olio o il lardo.



    Carni

    Anche se tutte le varietà di selvaggina erano molto popolari, perlomeno tra quelli che se le potevano permettere, la maggior parte della carne che veniva consumata proveniva da animali domestici. La carne bovina non era diffusa perché allevare le mandrie era molto impegnativo, richiedeva abbondanti pascoli e grandi quantità di foraggio e buoi e vacche erano considerati molto più utili come animali da lavoro e come produttrici di latte. I capi che venivano macellati perché vecchi e non più adatti al lavoro non erano particolarmente appetibili e di conseguenza la loro valutazione era piuttosto bassa. Molto più usata era la carne di maiale, dal momento che si tratta di un animale che richiede meno cure e si nutre di alimenti più economici. I maiali domestici spesso venivano lasciati razzolare liberamente anche nelle città e si nutrivano di ogni tipo di rifiuti organici provenienti dalle cucine, mentre il maialino da latte era considerato una vera leccornia. Molto diffuse erano anche le carni di montone o di agnello, soprattutto nelle zone in cui era più sviluppata l'industria della lana, così come quelle di vitello. Tutte le parti dell'animale venivano mangiate, incluse orecchie, muso, coda, lingua e interiora. L'intestino, la vescica e lo stomaco venivano impiegati per rivestire salsicce e salumi oppure venivano utilizzati dai cuochi per dare al cibo forme fantastiche e artificiali come quella di uova giganti. Tra i tipi di carne usate c'erano anche quelle di riccio e di istrice.

    Si mangiava poi un'ampia varietà di volatili tra cui cigni, pavoni, quaglie, pernici, cicogne, gru, allodole e praticamente qualsiasi uccello che potesse essere cacciato. Cigni e pavoni spesso erano addomesticati, ma venivano consumati solo dalla classe più elevata e in effetti apprezzati più per il loro magnifico aspetto che per la bontà delle carni. Come succede anche oggi oche ed anatre erano animali domestici piuttosto diffusi, ma non raggiungevano la popolarità di cui godeva il pollo, che in pratica era l'equivalente pennuto del maiale. L'oca era considerata un alimento accettabile per i periodi di penitenza e digiuno.

    La carne era un cibo più caro rispetto a quelli di origine vegetale e poteva raggiungere un costo anche quattro volte superiore a quello del pane.



    Pesce e frutti di mare

    Anche se considerati meno prestigiosi della carne di altri animali, e spesso considerati semplicemente l'alternativa alla carne per i giorni di magro, pesci e frutti di mare rappresentavano comunque la base dell'alimentazione di molte popolazioni costiere. "Pesce" era una categoria che ricomprendeva qualsiasi animale non venisse considerato propriamente un animale di terra, tra cui i mammiferi marini come le balene e i delfini, i castori e le oche facciabianca. Tutti questi animali erano considerati un cibo accettabile per i giorni di penitenza.
    Sulle coste erano molto importanti la pesca e il commercio di aringhe e merluzzi.

    La maggior parte del pesce veniva consumato fresco, ma una discreta quantità veniva invece salato, essiccato o, in misura minore, affumicato. Lo stoccafisso, il merluzzo aperto a metà, appeso ad un palo e lasciato a seccare, era molto comune anche se la sua preparazione richiedeva molto tempo e che il pesce venisse lungamente battuto con una mazza prima di essere fatto ammollare in acqua. Le popolazioni che vivevano lungo le coste del mare o dei fiumi consumavano anche una certa varietà di molluschi, come ostriche, cozze e cappesante, oppure crostacei come i gamberi di fiume. Si consumavano comunemente anche pesci d'acqua dolce come lucci, carpe, lamprede, trote e pesci persici. Rispetto alla carne il pesce per le popolazioni dell'entroterra era molto più costoso e per molti era fuori dalla loro portata.



    Spezie

    Le spezie erano tra i prodotti più lussuosi tra quelli disponibili: le più comuni erano il pepe nero, la cannella (e la sua alternativa economica, la cassia), il cumino, la noce moscata, lo zenzero e i chiodi di garofano. Tutte dovevano essere importate dalle piantagioni delle zone più calde, fatto che le rendeva estremamente costose.
    Mentre il pepe era la spezia più comune, lo zafferano era invece quella più esclusiva.

    Lo zucchero era considerato un tipo di spezia, sia per il suo alto costo che per le sue qualità umorali. In pochi piatti si usavano solo uno o due tipi di spezie, ma piuttosto una combinazione di molte di esse. Anche quando in una pietanza uno degli aromi era nettamente prevalente si usava combinarlo con un altro per generare un sapore composto, ad esempio unendo prezzemolo e chiodi di garofano, oppure pepe e zenzero.

    Comuni erbe aromatiche come salvia, senape nera, prezzemolo, carvi, menta, aneto e finocchio venivano coltivate ovunque e venivano regolarmente usate in cucina. Molte di queste piante venivano fatte crescere in orti o giardini e rappresentavano un'alternativa economica alle spezie esotiche. In particolare la senape era particolarmente amata per il suo ottimo connubio con le carni ed era un alimento tipico dei poveri. Le erbe aromatiche erano considerate meno prestigiose delle spezie ma venivano comunque impiegate anche alla tavola dei ricchi, pur investite di un ruolo marginale o usate solo per colorare i cibi. L'anice era usato per insaporire i piatti a base di pesce o di pollo e i suoi semi usati per produrre confetti glassandoli con lo zucchero.

    Era pratica comune insaporire i cibi con liquidi acidi o aspri. Vino, agresto, aceto o succhi di diversi tipi di frutta, specialmente quelle il cui sapore è più aspro erano universalmente diffusi e rappresentavano un autentico tratto caratteristico della cucina. Uniti ad altre spezie e a sostanze zuccherine questi succhi conferivano ai piatti un caratteristico sapore tra l'agrodolce e il fruttato. Ugualmente comuni, e usate come contrasto al sapore piuttosto deciso di questi ingredienti, erano le mandorle dolci. Venivano impiegate in molti modi: intere, sgusciate o meno, a fettine, macinate e, impiego più importante, lavorate fino ad ottenerne il latte di mandorla. Questo contrastava l'aroma delle spezie e dei liquidi di cottura aciduli con il suo sapore dolce e la sua consistenza cremosa.

    Il sale era un altro elemento fondamentale perché la salatura, insieme all'essiccazione, era uno dei metodi più comuni per conservare i cibi e ciò significava che spesso pesci e carni erano eccessivamente salati. Molti ricettari specificano di fare attenzione all'eccessiva salatura e raccomandano di ammollare in acqua alcuni alimenti per liberarli dall'eccesso di sale. Il sale era presente anche direttamente sulle tavole nel corso dei pranzi più importanti: più era ricco l'anfitrione o più prestigioso era l'ospite, più era ricco ed elaborato il contenitore del sale nonché il prezzo del sale stesso. I signori più facoltosi possedevano saliere di peltro, di metalli preziosi o altri materiali pregiati, spesso finemente decorate. Dal livello della cena dipendeva anche quanto finemente macinato sarebbe stato il sale, nonché la sua colorazione. Il sale usato per cucinare, per conservare e quello usato dalla gente comune era più grezzo; il sale marino, in particolare, aveva una maggior quantità di impurità, e veniva venduto in una gamma di colori che andavano dal nero al verde. Il sale più costoso e raffinato, invece, aveva un aspetto molto simile al sale fino attualmente in commercio.



    Bevande

    Le preoccupazioni riguardo alla sua purezza, le raccomandazioni mediche e il suo scarso prestigio rendevano l'acqua una scelta di secondo piano e le bevande alcoliche venivano sempre preferite. Erano infatti considerate più nutrienti e migliori per favorire la digestione rispetto all'acqua, inoltre avevano l'ineguagliabile pregio, grazie al loro contenuto alcolico, di essere meno inclini a guastarsi ed andare a male. Il vino veniva consumato quotidianamente in tutti i paesi dove si coltivava la vite. Nei paesi più freddi era la bevanda preferita dalla borghesia e dalle classi elevate che potevano permetterselo, ma molto meno comune tra i contadini e la classe lavoratrice. La bevanda della gente comune in quei paesi era la birra. Data la difficoltà di conservare a lungo questa bevanda veniva per lo più consumata fresca: era quindi meno limpida rispetto ed aveva un contenuto alcolico minore.

    Il latte spesso non veniva bevuto dagli adulti, tranne i poveri e i malati, ed era riservato a bambini ed anziani. Era comunque molto meno diffuso degli altri prodotti caseari per la mancanza di tecnologie che gli impedissero di andare a male in fretta.

    Alla pari del vino si preparavano succhi con diversi frutti e bacche: il vino di melograno e di more e il sidro di pere e di mele erano popolari soprattutto nei paesi più freddi dove questi frutti crescevano abbondanti. Si ricorda anche il prunellé, fatto con le prugne selvatiche; si trovano anche molte varianti per preparare l'idromele, con o senza contenuto alcolico. L'idromele rivestiva un grande valore simbolico, specialmente nelle occasioni più importanti. Quando concludevano trattati o importanti affari di stato spesso offrivano idromele come dono cerimoniale. Si usava comunemente anche in occasione di matrimoni o battesimi anche se in piccole quantità a causa del suo costo elevato.



    Vino

    Il vino veniva bevuto abitualmente ed era considerato la bevanda più prestigiosa e salutare. Si riteneva che un moderato consumo di vino (specialmente quello rosso) tra le altre cose aiutasse la digestione, producesse buon sangue e migliorasse l'umore. La qualità del vino differiva notevolmente a seconda dell'invecchiamento, del tipo di uva impiegata e, cosa più importante, dal numero di pigiature con cui era stato ottenuto. Con la prima pigiatura si ottenevano i vini più raffinati e costosi, riservati alle classi superiori. Con la seconda e la terza pigiatura si producevano invece vini di qualità inferiore e con un contenuto alcolico più basso. La gente comune in genere doveva accontentarsi di vini bianchi o rosati di seconda o terza pigiatura, che potevano essere consumati in abbondanti quantità senza produrre gravi intossicazioni alcoliche. Per i più poveri spesso l'unica scelta a disposizione era bere aceto annacquato.

    La procedura di invecchiamento del vino rosso di buona qualità richiedeva conoscenze specialistiche, nonché costose cantine e attrezzature, tutti fattori che contribuivano ad innalzare il costo del prodotto. Anche se l'aceto era un alimento diffuso, in effetti se ne poteva riutilizzare in questo modo solo una parte.

    Il vino speziato e il vin brulé non solo erano molto apprezzati dai ricchi, ma erano anche considerati molto salutari dai medici. Si credeva che il vino agisse come una sorta di diffusore e conduttore delle altre sostanze nutritive in tutte le parti del corpo, e che l'aggiunta di spezie esotiche e profumate non poteva che incrementare questa sua caratteristica. I vini speziati solitamente si facevano miscelando comune vino rosso con spezie varie come zenzero, cardamomo, pepe, grani del paradiso, noce moscata, chiodi di garofano e zucchero. L'infuso veniva poi messo in piccoli otri che erano a loro volta intrisi di vino oppure venivano bagnati con del liquido per produrre l'ippocrate e il claret. I mercanti vendevano sacchetti di spezie miste già pronti per essere impiegati in questo modo.



    Birra

    Mentre il vino era la più comune bevanda da pasto nella maggior parte delle zone a clima temperato, questo non succedeva nelle regioni più fredde dove la vite non veniva coltivata. Chi poteva permetterselo beveva vino d'importazione, ma in queste zone anche i nobili d'abitudine bevevano birra, chiara o scura. La birra veniva consumata quotidianamente dalle persone di tutte le classi sociali e di tutte le età. Per la maggior parte delle persone, tuttavia, si trattava di un liquido piuttosto umile al confronto di quelli tipici delle zone calde come vino, succo di limone ed olio d'oliva. La birra era considerata solo come una passabile alternativa e le venivano attribuite varie qualità negative.

    Si credeva che gli effetti di un'ubriacatura da birra durassero di più di quelli di una dovuta al vino, ma si ammetteva che non creava la sensazione di "sete falsa" associata al vino. Anche se in minore misura rispetto ai paesi freddi, la birra veniva consumata anche nelle zone più miti.

    L'uso del luppolo per dare sapore alla birra si diffuse lentamente per le difficoltà di riuscire a fissare le giuste proporzioni. Prima del luppolo si usava il gruit, una mistura di varie erbe diverse. Il gruit non possedeva le stesse proprietà conservanti del luppolo e di conseguenza la birra prodotta in quel modo doveva essere consumata velocemente per evitare che andasse a male. Un altro modo di insaporire il preparato era di aumentarne il contenuto alcolico, ma era più costoso e dava alla birra l'indesiderata capacità di dare ubriacature più veloci e pesanti. La birra veniva prodotta principalmente nei monasteri oppure su scala più ridotta nelle abitazioni private. Tuttavia iniziarono a diffondersi nelle zone più fredde delle birrerie cittadine a cui veniva delegata la produzione.

    Anche se la maggior parte delle birrerie erano piccole imprese familiari che davano lavoro al massimo a otto o dieci persone, la regolarità della produzione permise di investire in attrezzature migliori e di sperimentare nuove ricette e tecniche di preparazione della birra. La birra veniva consumata praticamente ad ogni pasto: a colazione si beveva una birra a bassa gradazione alcolica, mentre più in là nel corso della giornata si passava a birre più forti. Il luppolo permise alla birra di conservarsi anche per sei mesi o più e ne facilitò l'esportazione su larga scala.



    Distillati

    Originariamente i modi per utilizzare i distillati, alcolici o meno, erano vari ma principalmente il loro impiego fu in ambito culinario o medico: i medici prescrivevano sciroppo d'uva mischiato con zucchero e spezie come cura per una gran varietà di malanni, mentre l'acqua di rose veniva usata come profumo, come ingrediente in varie ricette e per lavarsi bene le mani. Talvolta i distillati alcolici venivano usati per creare spettacolari piatti fiammeggianti, imbevendo pezzi di cotone nel liquido, ponendoli in posizioni strategiche come le bocche degli animali che venivano serviti e accendendoli al momento di portarli in tavola

    I medici lodavano molto le virtù dei distillati alcolici. Iniziò quindi a prendere piede la produzione di distillati casalinghi, specialmente nei paesi più freddi, per cui iniziarono a comparire leggi che ne limitavano la produzione e la vendita.


    Fonti: http://raccontiamoilmedioevo.wikispaces.co...nel+Medioevo%3F,
    http://it.wikipedia.org/wiki/Alimentazione_medievale#Cereali;
    liberamente modificato e integrato da .:|ArYa|:.


    Edited by .:|ArYa|:. - 23/8/2014, 12:42
     
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